MY POINT OF VIEW #06

    La riva del Lago Maggiore, caratterizzata da una natura incontaminata e ricca tipica del Nord Italia, è la cornice di numerose iniziative architettoniche rivolte verso le acque profonde, che però si interrompono bruscamente sulle sponde del bacino. A volte piatta come una tavola, a volte agitata, la superficie del lago presta il suo umore mutevole agli edifici che lo circondano. Ma soprattutto, è il vasto palcoscenico del cielo sconfinato.

    Il sensibile intervento architettonico di Dara Huang, la cui silhouette ricorda una mano con le dita tese che si allungano verso l’alto per dar vita a forme e volumi, si inserisce delicatamente nel paesaggio lacustre. L’edificio, una composizione organica di pietra bianca e luminosa, vetro e frangisole, è un gioco di trasparenze, luce e ombre. Ispirandosi a ciò che c’era prima, la costruzione si è mimetizzata rispettosamente nella vegetazione che circonda i dolci pendii della riva del lago.

    Come una testa di ponte, il soggiorno della villa si apre sul lago. Qui, Dara Huang si sofferma su un divano dall’artistico rivestimento grezzo, un’allusione ai materiali naturali e segnati dalle intemperie che l’architetta ha disposto nella casa. L’aura unica del luogo, la vista infinita sulla superficie dell’acqua e l’umore senza filtri della natura, sono una boccata d’aria per Huang – nella sua agenda fitta di impegni. Sin dall’inizio è la fautrice del proprio successo. Con Herzog & de Meuron nonché Foster + Partners, ha fatto tappa in diverse istituzioni dell’architettura dove è maturata, ispirata dalle esigenze e dalla diversità dei progetti da realizzare. Ha fondato il proprio studio all’età di trent’anni e da allora non si è più fermata, dividendosi tra progetti, partner, clienti e nuovi cantieri.

    «Mi piaceva la geometria, ma amavo l’arte: la natura estetica e costruttiva dell’architettura si è perfettamente allineata alle mie passioni.»

    Nonostante la routine professionale assodata, Huang rifugge le abitudini troppo costanti. Ama rivedere i suoi progetti dopo che sono stati completati per accompagnarne la maturazione da mera costruzione a edificio vivente. Alimenta la sua curiosità e osserva l’evoluzione che i disegni subiscono insieme ai loro abitanti. Scopre dettagli che acquisiscono nuove modalità di funzionamento, si adattano alle vite che si costruiscono attorno ad essi e cominciano a raccontare le loro storie. Per offrire alle persone la cornice in cui continuare le proprie narrazioni, Huang sfida costantemente lo spazio. Questo approccio consiste solo nell’orchestrazione ripetuta di determinate aree, nella direzione quotidiana dei nostri percorsi, nell’effettuare certe cose in certi modi?

    Per Huang, l’architettura è molto più di un semplice strumento di equilibrio. Trova una libertà autentica nel potenziale non sfruttato degli spazi negativi, quelli che emergono tra le aree convenzionali. È qui che si possono sviluppare novità, stabilire i propri percorsi, trovare i propri usi e vivere esperienze imprevedibili. L’equilibrio tra le aree determinate e quelle con libero potenziale di interpretazione e appropriazione rappresenta il DNA dei progetti di Huang.

    «I miei disegni sono l’inizio di storie che altri perpetuano; il chi non è importante, poiché si sviluppano sempre narrazioni uniche.»

    Dare alle situazioni spaziali una struttura, guidare gli sguardi, i movimenti e i passi. Far emergere quel che è sempre stato lì, ma che era rimasto inosservato, è una sorta di filo conduttore dei suoi progetti. Alla base di questo procedimento, troviamo sempre la costante ricerca di un concetto coerente, una visione che è il cuore e il collante di ogni progetto. Huang non reinventa le dimensioni delle stanze solo per guadagnare spazio. Per lei, dotare i luoghi di un’aura autentica e viva è cruciale. Così, ogni luogo deve avere il suo carisma individuale, un leitmotiv che Huang trae da contesti unici in cui si concretizzano gli schizzi, le piante e i collage di materiali.

    Inizia con una collezione libera di elementi imperfetti – i modelli di luce, i movimenti del vento, la topologia circostante, i desideri, le esigenze e le ambizioni degli abitanti – che incorpora nel suo approccio. Il suo genio creativo non solo si dispiega in maniera visibile e palpabile, ma crea stati d’animo ed emozioni. Come? I concetti aperti e luminosi dei suoi progetti vanno di pari passo con sfaccettature ambientali naturali; un ingegnoso artificio per creare una raffinata connessione con le sfumature materiali e immateriali della natura. Sin dall’inizio, i suoi disegni creano la dicotomia tra la bellezza naturale e l’artificialità costruita degli insiemi architettonici. Ad esempio, antiche foreste o vaste pianure incontrano il gioco ciclico della luce artificiale e naturale o instancabili cicli urbani.

    «Quando tutto il lavoro è completato e gli spazi si riempiono gradualmente di vita, con persone, musica, cani e bambini, le mie visioni, create da mattoni e malta, cominciano a prendere vita.»

    Anche se il carismatico concetto di architettura nasconde processi complessi di natura sempre più sofisticata, gli strumenti scelti da Huang per affrontare anche le sfide più impegnative rimangono carta e penna. Con linee semplici e precise, chiarisce le sue prospettive e i suoi approcci e libera il carattere spaziale. La cultura musicale la aiuta a rendere intelligibili i suoi pensieri, a dargli forma e metterli su carta, ricorda Huang. Imparare a leggere e a fare musica ha plasmato la sua immaginazione spaziale in modo tanto discreto quanto duraturo. Quando pensa in termini musicali, si muove in spazi astratti. In compenso, il suo modo di suonare entra in risonanza con lo spazio e interagisce direttamente con le sue idee materializzate, traducendo i codici delle note, scritte in versi, in qualcosa di conclusivo, dal punto di vista uditivo e palpabile.

    Per Huang, musica e architettura sono sorelle, forti del parallelo tra le discipline, della dualità di caratteristiche astratte e sensuali. Anche la sua architettura consiste in un linguaggio di linee, dalle cui composizioni crea spazi e significati. Attraverso la voce degli strumenti giusti, nascono i brani e si materializzano i pensieri. Tuttavia, un buon progetto architettonico non è frutto del caso. Un buon progetto architettonico cerca consapevolmente le connessioni, progetta ponti per funzionare come un mezzo nel senso originale, ossia come un elemento mediano.

    «Ancora prima di imparare a leggere, avevo sempre un pastello in mano, non importa dove fossi o dove stessimo andando. E, non so come, si è trasformato nel mio linguaggio di design e nei miei edifici... e nella mia carriera!»

    Zeitgemäße Architektur muss das Bindeglied zwischen Menschen und ihren Lebenswirklichkeiten sein, ist Huang überzeugt. Architektur muss Antworten auf die sich aneinanderreihenden Katastrophen geben, muss unsere Erwiderung auf Vorhersehbares und Unvorhersehbares sein. Huangs Perspektive hat sich verschoben und liegt heute auf der immensen sozialen Verantwortung ihrer Disziplin. Architektur muss eine Brücke zu sauberem Wasser, ein Weg zu sauberer Luft sein und den Weg zu einem geschützten Lebensraum ebnen und den Menschen ein Gefühl der Sicherheit und Geborgenheit schenken. Im Idealfall erkennen sie, dass diese Architektur, ihre verwendeten Stoffe und Formen das Ergebnis gegenseitiger Achtsamkeit sind. So beantwortet Huang die implizite Frage nach dem für sie wichtigsten Wert der Architektur mit „Vertrauen“. Um effektives Vertrauen in Räume und Gebäude zu stiften behält sie sich eine gewisse Konsequenz im Umgang mit Materialien vor.

    Al fine di creare spazi onesti, Huang rifiuta i disegni troppo artificiosi, i rivestimenti e le applicazioni che rinnegano il carattere della materia, e rinuncia alla dimensione ornamentale che soffocherebbe la personalità del luogo. Le relazioni che si instaurano tra le persone e i luoghi autentici, invece, le riempiono di orgoglio e le motivano a vivere e conservare i luoghi e gli spazi. Con questo approccio, Dara Huang progetta luoghi con un significato dinamico e dà alla sua architettura una vivacità che trascende la dimensione materiale. Senza l’empatia, l’architettura si limiterebbe ad accumulare materia senza significato, come tante altre discipline ad essa affini.

    L’architettura di Huang verte sulle potenzialità che offrono nuovi spunti, mettendo in discussione il rapporto delle persone con gli spazi e aprendo nuove prospettive per una migliore vita contemporanea. Per farlo, è tuttavia necessario abbandonare lo stereotipo di architettura concepita in termini di compartimento, al quale le persone si sono affidate fino ad ora. Non è una visione nuova, quanto piuttosto una visione che accompagna la disciplina da oltre un secolo, senza essere in grado di fornire un’alternativa adeguata. Huang stessa ha fallito più volte nel concretizzarla a causa delle limitazioni dei materiali e dei fornitori. Per questo, ottenne una grande soddisfazione, durante i suoi anni a Basilea, scoprendo un nuovo strumento nell’ufficio di Herzog & de Meuron. Huang ricorda ancora l’entusiasmo euforico del suo primo incontro con i prodotti Sky-Frame. Una serendipità che risuona ancora oggi nel suo lavoro. La sua incessante sperimentazione e i suoi progetti che privilegiano disegni sempre più delicati e luminosi beneficiano ancora di Sky-Frame e delle sue innovazioni nei sistemi di finestre senza soluzione di continuità.

    I compositi svizzeri, estetici e pratici, sono ancora portavoce della visione di Huang, con cui innalza le facciate, crea pareti permeabili e dà forma all’essenzialità. Con Sky-Frame, riesce a intrecciare la natura e lo spazio costruito in un modo nuovo, dissolvendo continuamente gli spazi occultanti e creando nuovi spazi liberi. E la sobrietà con cui le finestre svizzere si fondono nel tessuto dell’edificio rafforza la tendenza minimalista dei raffinati progetti di Huang, formando cornici quasi invisibili per nuove narrazioni. Con la sua prossima storia, Huang definisce il quadro della qualità più indomabile dell’architettura: la sostenibilità.

    Lontano da ogni semplicistico entusiasmo legato alla botanica, Huang vede la sostenibilità come memoria, potenziale comunicativo. Huang pensa al lascito alle generazioni future, che si muoveranno nei suoi edifici, che abiteranno e vivranno nei suoi disegni. Affinché questo patrimonio rimanga intatto nei suoi progetti, non perde mai di vista gli effetti che le sue opere possono innescare: come influenzeranno gli ecosistemi, le composizioni sociali e la realtà della vita per le prossime generazioni? Per Huang, l’architettura è un mezzo, un prisma che spezza le interconnessioni tecniche culturali e individuali. Elementi che riorganizza e riequilibra costantemente. Per Dara Huang, l’architettura sostenibile è una comunicazione che non finisce mai.

    «Sono convinta che la vicinanza alla natura, all’acqua e al cielo allunghi la vita. Renderlo possibile è un dono indescrivibile.»

    Dara Huang è la fondatrice di Design Haus Liberty, studio di architettura, interni e design fondato nel 2013 a Londra, con uffici globali a Londra e Hong Kong. Ha un master in architettura dell’Università di Harvard e ha iniziato la sua carriera a Herzog & de Meuron, Basilea, e Foster + Partners, Londra.

     

    Nella breve vita dell’azienda, Dara ha ricevuto numerosi premi e onorificenze, tra cui Property Week 40 Under 40, 100 Women di China della BBC, Prestige 40 Under 40 a Hong Kong e tre riconoscimenti ai concorsi RIBA. Inoltre fa parte del consiglio di Prop Tech ed è membro del Milken Institute e del Red Club x Cartier. Ha esposto anche alla Somerset House di Londra e alla Biennale di architettura di Venezia. Perseguendo con passione l’obiettivo di creare valore ed essere all’avanguardia nel design nelle tendenze del mercato, DH Liberty amplia i confini del modo in cui gli architetti raccontano storie attraverso l’ambiente edificato.

     

    Oltre a clienti nel comparto del lusso come The Four Seasons, LVMH, Cartier e Starwood Capital, Dara è co-fondatrice di una piattaforma di alloggi urbani accessibili, Vivahouse, un sistema prefabbricato sostenibile che combina attività commerciali e progetti immobiliari «asset light» che trasformano l’edilizia residenziale in un servizio. Si interessa anche di democratizzazione del design attraverso la sua prima linea di mobili e prodotti, il cui lancio è previsto nel 2022.

     

    Figlia di uno scienziato della NASA emigrato negli Stati Uniti da Taiwan, Dara è cresciuta in un ambiente multiculturale tra viaggi internazionali. Nutre un grande interesse per la natura e l’arte contemporanea, da cui trae ispirazione per gran parte dei suoi progetti.

    Film: Luzian Schlatter | Testo: Lennart Franz